
Free state of Jones
Data Uscita: 01 Dicembre 2016
(USA, UK • 2016) Free state of Jones

Claudia Bighi (www.abovetheline.it)
29.11.2016
Free State of Jones ha due basi solide. La prima è rappresentata dal sempre bravo Matthew McConaughey, che ci crede più del resto del cast. Per la seconda, invece, dobbiamo ringraziare l’ampia documentazione effettuata da Ross in 10 anni, da grande appassionato di Storia Americana. Peccato che per rendere gli eventi più lucidamente cronachistici, il regista e sceneggiatore si sia dimenticato il fattore E. Quello emotivo. Quasi 3 ore di film (!) a ritmi lentissimi, a tratti estenuanti. Sì, ottimi i campi lunghi e la ricostruzione generale, ma la seconda parte ignora del tutto l’interesse dello spettatore. Se fosse stato presentato su History Channel avrebbe strappato applausi a scena aperta. Per il Cinema forse neanche da seduti.

Claudio Rugiero (www.newsly.it)
29.11.2016
Se inizialmente, partendo da una spettacolare sequenza di battaglia, poteva sembrare un film “tutto fumo e niente arrosto”, Free State of Jones invece fa bene il suo lavoro tenendo fede alla parola data. Tuttavia, la durata di 140 minuti è alquanto eccessiva. C’erano momenti che potevano essere ristretti perché poco funzionale ai fini della narrazione. Ma forse era una conseguenza inevitabile: un film non proprio originale cerca disperatamente di soddisfare le aspettative di un po’ tutti gli spettatori. E lo fa.

Marco Nuzzo (www.universalmovies.it)
29.11.2016
La regia di Ross è quanto di più classico si possa aspettare da un film del genere: dimenticate l’autore di Hunger Games, qui sembra invecchiato e la sua visione del film è obsoleta e stantia, non adeguata agli standard di un film prodotto nel 2016. Nello stile, ricorda tantissimo il pessimo L’ultimo samurai con Tom Cruise. Altro punto negativo è la scrittura. Si poteva tranquillamente intitolare “Robin Hood nella Guerra Civile”, poichè il personaggio è stato copiato palesemente dal noto eroe di tanti film. Stesse le motivazioni, stesso il modus operandi, stessi i discorsi di incoraggiamento. Discorsi, peraltro, che pescano nella retorica più abusata del cinema di avventura. Inoltre, a corollario del protagonista, i personaggi di supporto sono monodimensionali: i cattivi veramente cattivi, i neri perseguitati ma di buon cuore, il ragazzino di buone speranze che finisce male, nel film c’è tutto il già visto.

Valentina D'Amico (movieplayer.it)
29.11.2016
Al netto delle imperfezioni, Free State of Jones è un film importante perché si innesta nel filone sullo schiavismo in America alimentando il dibattito sollevato da pellicole come 12 anni schiavo e The Birth of a Nation. Meno potente ed efficace, l'opera di Gary Ross presenta, però, notevoli elementi d'interesse visto che racconta la battaglia per i diritti civili filtrandola attraverso il punto di vista di un bianco. Il Newt Knight di Matthew McConaughey è una figura idealizzata, pervasa da valori moderni. Idealizzata tanto più visto che il regista non si pone il problema di spiegare dove abbia appreso questi valori un contadino del sud scarsamente istruito.

Giordano Caputo (www.ingloriouscinephiles.com)
29.11.2016
Ci fa vedere che il Re è nudo “Free State Of Jones”, che per calzare quel termine sinonimo di sottomissione, di schiavismo e discriminatorio basta meno di quel che si pensi: come ribellarsi, magari, alle regole di un padrone (o di uno stato) ed essere costretti a rifugiarsi in una palude per evitare sanzioni o, alla peggio, l’impiccagione. Dimostra di avere le idee giuste Ross, di voler realizzare un’opera epica, muscolare, lontanamente ispirata al modello “Braveheart” e in grado di incarnare allo stesso tempo una veste Storica, ma anche contemporanea. Ambizione che porta a casa con grande sobrietà e senso della misura, costruendo ottimo cinema, pregno di provocazioni stimolanti, e non cedendo il passo neppure quando l’esile trama extra del secondo figlio di Knight - che sposta di 85 anni avanti la narrazione - fa capolino dissestando momentaneamente una linearità grossomodo regolare.

Sara D'Agostino (filmup.leonardo.it)
29.11.2016
Pur risentendo di una durata considerevole e di cadute di ritmo in alcuni momenti, al film di Ross va dunque il grande merito di aver portato sul grande schermo un fatto storico per troppo tempo seppellito e distorto e un personaggio intenso e carismatico, magistralmente interpretato dal premio Oscar Matthew McConaughey, di cui le generazioni di oggi non potevano assolutamente ignorare l'esistenza.

Valerio Sammarco (www.cinematografo.it)
29.11.2016
è questo il senso ultimo di un’operazione (abbastanza monocorde, ma “giusta”) non solo tesa a ricostruire gli eventi sanguinosi che hanno portato gli Stati Uniti a farsi nazione, ma interessata a ricordarci quanto – ancora oggi – ci sia il disperato bisogno di gente comune disposta a ribellarsi in nome della giustizia. Umana, e civile.

Valeria Brunori (www.ecodelcinema.com)
29.11.2016
Né l'ottima sceneggiatura, né McConaughey bastano a compensare alcune scelte poco funzionali, come ad esempio l'alternarsi tra il 1863 e il 1948 per raccontare il caso giudiziario di un discendente del protagonista che non si amalgama bene con il resto degli eventi. Inoltre sono presenti alcune situazioni poco verosimili (e poco intelligenti) che fanno calare un po' il livello. "Free State of Jones" sembra in conclusione un po' un'occasione sprecata: la storia che vuole narrare è indubbiamente bella e porta molto a riflettere, ma ci riesce solo a metà, lasciando sulla sua scia un'eterea sensazione di insoddisfazione e molti sbadigli.

Virginia Campione (www.cinematographe.it)
29.11.2016
Il film di Gary Ross, pur godendo delle ottime interpretazioni degli interpreti, sembra tuttavia rimanere invischiato in una regia che non ha osato farsi travolgere (nonostante scelte visivamente forti come mostrare dei bambini armati) rimanendo fredda testimone di uno stralcio di storia che, se pur ben raccontato, non tocca le più alte corde emotive dello spettatore. Tanta epicità per nulla, insomma, date le innumerevoli esplorazioni cinematografiche sull’argomento, che fa di Free State of Jones un film ricco nella forma e nei fatti ma povero dal punto di vista di quell’impatto emotivo capace di catturare il cuore del pubblico.

Michele Granata (www.vertigo24.net)
29.11.2016
Distanziandoci velocemente da questi argomenti, possiamo dire che il taglio quasi documentaristico (fantastiche e crude le scene di guerra, niente è edulcorato o pretenzioso) e la scelta di raccontare una storia su ambiti temporali diversi, rende Free State of Jones un bellissimo film storico che, non privo di difetti sulle scelte del ritmo, si configura come una sorpresa inaspettata. Matthew McConaughey è un capitolo a parte, lui da solo brilla di luce propria.

Mattia Pasquini (www.film.it)
29.11.2016
Una storia esemplare, una novella pedagogica si sarebbe detto altrimenti, che ci offre uno sguardo diverso - su quel periodo e quel mondo - dai vari 12 anni schiavo o Django Unchained, tanto per citare i riferimenti più visti recentemente - ma che non conquista completamente, non resta con noi in maniera omogenea, lasciandoci spesso soli su cammini appena accennati. Per fortuna senza indulgere troppo in pietismo e ricatti morali tipici, e regalandoci una epica interessante, fino ai titoli di coda, nei quali le foto d'epoca danno forza alla rappresentazione della realtà (a parte un fondato sospetto di 'whitening' del Knight più moderno) e della carismatica figura di colui che ancora giace accanto a sua moglie nel Knight Family Cemetery, sulla collina di fronte a casa loro in Jones County, sotto l'epitaffio: "He lived for others".

Costanza Mauro (www.pianetadonna.it)
29.11.2016
Free State of Jones è in questo senso un film che cattura l'attenzione e che stupisce, anche se gli manca un pizzico di afflato epico che non sarebbe guastato. McConaughey è bravo come sempre e per la verità, per quanto anche la storia del nipote Davis sia interessante e abbia in realtà rappresentato un punto di svolta nell'ambito della giurisprudenza sui matrimoni misti, forse avrebbe meritato di prendere tutto lo spazio della pellicola. I flash forward sulle vicende giudiziarie di Davis Knight sono infatti la parte meno convincente del film, poco legati alla trama principale per stabilire un parallelo fra la figura di Newt Knight/Pronipote e troppo distanti e sporadici per rappresentare un discorso a parte. Va spesa una parola anche per la fotografia che, complici dei paesaggi davvero favolosi è a sua volta da mozzare il fiato.

Gabriele Niola (www.badtaste.it)
29.11.2016
La scrittura di Free State Of Jones insomma non si allontana dalla consueta ruffianeria retorica che il cinema americano mette in campo quando vuole esibire un preciso intento sociale, quando sente il peso dello scopo didattico. Eppure nelle pieghe di questo film ci sono molte più concessioni alla “sperimentazione” (virgolette d’obbligo!) di quanto non sembri. Non è infatti la consueta centralità della star nell’economia del racconto, la divisione manichea o l’odiosa stereotipizzazione di qualsiasi “cattivo” a convincere davvero, quanto la maniera in cui la parabola di un bianco che decise di ribellarsi a chi opprimeva lui e altri cittadini di serie B o C (nel caso dei neri) sia una maniera di chiedersi cosa voglia dire fare una rivoluzione e cambiare le cose, per concludere che non somiglia a quel che il cinema di solito ci racconta.

Massimo Lastrucci (www.ciakmagazine.it)
29.11.2016
Storia vera e coinvolgente, quella di questo Robin Hood del Mississippi che riuscì, dal disincanto e da semplici sentimenti di pietà (“È morto con onore Newt” “No Will. È solo morto”) a crescere sino a sviluppare una visione più collettiva, libertaria, comunitaria e antirazzista (“tutti siamo negri di qualcun altro”, “chiunque cammina su due gambe è un uomo ed ha gli stessi diritti”). È lungo Free State of Jones, scorre lungo gli anni con delle propaggini che arrivano ai giorni nostri e forse per qualcuno sarà sin troppo vibrante e stentoreo il tono del suo messaggio liberal, contro il segregazionismo, le infamie del Klu-Klux-Klan, le crudeli e ciniche logiche della restaurazione del governo dei vincitori. Ma Gary Ross (che sorpresa dai suoi più commerciali Pleasentville e Hunger Games!), oltre al cuore democratico e indignato dalle diseguaglianze, ha il polso del narratore robusto e attento al dettaglio realista. Soprattutto ha a disposizione la figura di un grande eroe da raccontare, un figlio del popolo capace di diventare un leader, una figura integra di combattente per i propri valori, dalla parola misurata e precisa così come la sua volontà (quasi un Clint Eastwood con le idee di Henry Fonda).

Enrico Azzano (quinlan.it)
29.11.2016
Non è un film memorabile Free State of Jones, eppure prova a veicolare dei messaggi non banali (l’azione, la collettività, il vero nemico, la sacralità del lavoro), ricollegandosi in tono minore all’ultimo Tarantino, The Hateful Eight e Django Unchained. Non una riscrittura della Storia o una possente metafora tarantiniana, ma un onesto tassello da aggiungere a una rilettura critica della genesi degli Stati Uniti e, più in generale, del capitalismo. «La guerra dell’uomo ricco combattuta dall’uomo povero» è la trave portante del pensiero e delle azioni di Knight, il veicolo che permette di prendere le distanze dallo schiavismo, dal razzismo, da qualsiasi distinzione di classe. E che permette di unire le forze, e di moltiplicarle.

Mauro Donzelli (www.comingsoon.it)
29.11.2016
Intenzioni lodevoli, sviluppo ponderoso, Free State of Jones trasmette bene la precarietà di vite appese a un filo, non solo sul fronte, ma anche nella quotidianità delle proprie case. Un malsano mondo in cui il coraggio non è raccontato in prima linea, ma nelle retrovie, nell’alzare lo sguardo e conoscere il proprio vicino, pur lontano per esperienze e colore della pelle.
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